Pare brutto dirlo e infatti non l'ho detto a nessuno, prima (anche per non gufare), e ho anche un po' di ritegno a dirlo adesso, cioé dopo; e poi nonostante tutto, probabilmente anche a causa della mia innata e inveterata stupidità, c'è che io sono patriottica.
"L'Italia è il Paese che amo" (cit.)
E ciò comporta che quando si tratta di sport tifo la qualunque, basket, ping-pong, curling, palla prigioniera, tiro al piattello, boccette, basta che ci sia una maglia azzurra in campo.
Però ieri un po' (molto) ci speravo che l'Italia perdesse. Non che vincesse la Spagna, proprio che perdesse l'Italia. Perché questo Paese che amo tende a nascondere molta sporcizia sotto il tappeto delle vittorie sportive, meritate o meno che siano. Perché una vittoria agli Europei avrebbe cancellato meglio di un'amnistia tutto lo schifo dello scandalo scommesse (per tacere d'altro, perché io non me lo spiego come mai giocatori giovani e professionisti, che dovrebbero essere al top della forma, si rompono come e peggio dei pensionati ultrasettantenni mentre i loro omologhi spagnoli, reduci peraltro da una stagione lunga di coppe e scudetti, hanno corso come dannati, maledetti loro, per 90 minuti di fila e Buffon ne sa qualcosa).
Perché la sigletta anticipatoria di RaiUno mescolava Zoff e Mennea e l'alluvione di Genova e la Pennetta e Falcone e Grosso e il terremoto e Pertini, e a me è sembrato ridicolo, grottesco e vergognoso.
Perché i giornalisti italiani, l'ho detto e lo ripeto, sono intollerabili: una partita vinta (con due episodi fortunati due) e parlano di "università del calcio", all'inizio della finale sono già pronti con i peana di gloria, alla fine commentano "beh, avevamo contro la migliore squadra del mondo", e abbiamo perso 4-0, mica 2-1, e per risultati molto meno catastrofici altri allenatori ed altre compagini sono stati crocifissi, ma questi no perché questi sono simpatici, o chissà perché.
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