venerdì 30 settembre 2011

Onirico / 2

Ultimamente faccio strani sogni.

Stavolta sono a una specie di fiera. Per strada c'è moltissima gente, e io me ne vado in giro, zainetto in spalla, con un gruppo di amici. Nello zaino, non si sa perché, ho dei contanti e un sacchetto di gioielli, tra i quali il mio anello di fidanzamento, l'anello di fidanzamento di mia madre e un paio di collane d'oro.
Usciti dalla fiera arriviamo in un albergo e qui controllo lo zaino: soldi e gioielli, come era largamente prevedibile, sono scomparsi.
In preda al panico chiedo aiuto ai gestori dell'albergo, che sono quasi più preoccupati di me. A un certo punto, in strada, vediamo passare tre ragazzi: sono sicuramente loro i ladri! Li rincorriamo e li portiamo in albergo. In effetti i loro bagagli sono pieni di refurtiva (tra cui un mucchio di scarpe di mia sorella), ma delle mie cose non c'è traccia. Per fortuna, e in circostanze del tutto fortuite, riusciamo a ritrovare tutto - e in particolare i due anelli, per i quali disperavo - nella valigia di un altro, insospettabile ospite dell'hotel.

giovedì 29 settembre 2011

Mille parole

Potremmo parlare della tristezza di un ministro della Repubblica italiana che, alla domanda di un giornalista, risponde con il dito medio alzato.
Potremmo parlare della tristezza di un ministro della Repubblica italiana che, di fronte ad una pesante contestazione da parte dei cittadini, risponde "Ho visto di peggio, queste cose non mi spaventano".
Potremmo parlare della tristezza di un ministro della Repubblica italiana indagato per mafia.
E via di questo passo.

Ma forse è arrivato il momento di smettere di parlare e di fare qualcosa.
(In Grecia hanno occupato i ministeri. Just saying'.)

Amo avere ragione

Il più delle volte magari non sembra (da quanto tempo non mi faccio le unghie? Non ci pensiamo), ma sono una donna. 
Pertanto, amo avere ragione.
(Pertanto, ho sempre ragione.)

Negli ultimi giorni mi sono imbattuta in vari post e messaggi e aggiornamenti di stato su Facebook che lamentavano l'invasività dei social network nella nostra vita. Opinione alla quale mi ribello, perché - cari i miei criticoni - se gli aggiornamenti di stato bimbominkia vi danno tanto fastidio, prima di fare i saccentelli e i culturalmente superiori potreste 1 - chiedervi come mai vi ritrovate degli amici bimbominkia e 2 - cancellare il vostro account Facebook.
(Per inciso: lamentarsi dei social network scrivendo una nota su Facebook mi sembra abbastanza schizofrenico. Et de hoc satis.)
("L'invasività dei social network". Dio, come scrivo bene.)

Peraltro, dato che i social network esistono e un sacco di gente li usa, fare i puristi e ritirarsi in romitaggio reminiscendo i bei tempi in cui il calamo scorreva sulla pergamena mi pare quanto meno controproducente.
(E comunque, sono un dio della scrittura raffinata. Sulla comprensibilità della stessa, discetterò un'altra volta.)

Ora, si dà il caso che tra i miei amici in Facebook io annoveri tre o quattro archeologi militanti (beati loro), i quali utilizzano il social network per passarsi informazioni su dati di scavo, bibliografie aggiornate, attribuzione/datazione di reperti, etc. In pratica hanno costituito una comunità scientifica on line con i controfiocchi.

A dimostrazione del fatto che un mezzo di comunicazione non è buono o cattivo in sé, ma vale quanto quelli che lo adoperano.
Tanto per cambiare, avevo ragione io.

mercoledì 28 settembre 2011

Artificial Intelligence (so to speak)

Diciamo che non sono Stakanov e quindi generalmente non spasimo dalla voglia di lavorare, ma quando ho qualcosa da fare mi piace farla subito (potrei dire "presto e bene", ma non vi voglio mentire). E quindi mi dà molto fastidio il fatto che il mio PC decida di aggiornarsi, o che Outlook decida di sincronizzare le cartelle / archiviare la posta, imballando ad libitum l'intero sistema, proprio quando avrei millemila cose in sospeso.
Murphy, oh Murphy.

(Era un po' che non scrivevo titoli in inglese!)

martedì 27 settembre 2011

Onirico

Sono alla fermata dell'autobus. E aspetto.
Il cielo è ancora chiaro, ma il sole sta tramontando. La fermata è su una strada larga, sgombra, che mi permetterà di avvistare l'autobus in lontananza. So di essere nei pressi del mio ufficio, anche se in effetti i dintorni sono quelli della casa della mia infanzia, da tutt'altra parte della città.
L'autobus non si vede, e comincia a scendere la sera. Decido di prendere un altro bus, che non mi porterà proprio a casa; dovrò fare un tratto a piedi, ma sempre meglio che aspettare da sola, per strada, al buio.
Mi rendo però conto che l'autobus che ho preso segue un percorso diverso da quello che immaginavo; scendo appena possibile, ma ormai sono lontana da casa, nelle vicinanze del porto. E' notte inoltrata, ma le strade sono illuminate dalla luce gialla dei lampioni. Sono sola, e cammino in un totale silenzio e nell'aria fresca del mare. Sto andando a casa.


lunedì 26 settembre 2011

Lo so, lo so, sono ridicola

Ma il blog è mio, e se non posso usarlo per uno sfogo futile, allora che lo tengo a fare? (- Beh, per esempio potresti scrivere un diario, tenerlo chiuso a chiave sotto il cuscino, e non pubblicarlo su Internet per annoiare la gente Urbi et orbi. - Ehi, nessuno ti obbliga a leggere alcunché, OK? - Infatti non ti legge nessuno. - E che parli a fare, allora?)

Per cui, lo sfogo. Personalmente credo che una delle cose più divertenti nel seguire fedelmente (sc. nell'essere ossessionati da) una serie televisiva sia la capacità di cogliere gli elementi di continuity che gli sceneggiatori (se sono bravi e ci tengono a gratificare i fan) inseriscono nel corso delle puntate. Cose come giochi di parole e gag ricorrenti, o personaggi che tornano in scena dopo tanto tempo, o storyline che rimangono sospese e poi riprendono. Mia cugina, che cita le battute di Friends a memoria, sicuramente concorderà con me. Io mi ricordo epici momenti di continuity in E.R., roba che i neofiti rimanevano a bocca aperta mentre noi, saccenti spettatori della prim'ora, annuivamo con aria di consapevole superiorità (o superiore consapevolezza, che dir si voglia).

Per cui mi irrita non poco il fatto che la continuity di una storia sia mandata a farsi benedire dai produttori per una mera questione di calcolo economico (sc. "abbiamo inserito un personaggio che ha avuto un successo enorme quanto imprevisto, quindi lo dobbiamo tenere in ballo a tutti i costi, anche se all'inizio avevamo immaginato di salutarlo graziosamente dopo tre puntate"). Per voi sarà solo una questione di soldi, cari produttori dei miei stivali; ma noi, noi alle storie e ai personaggi ci siamo affezionati, accidenti!

(Sì, la crisi economica, e la Gelmini nel tunnel, e quello non si dimetterà manco da morto, e non ho ancora trovato la cucina per la casa nuova; i problemi sono ben altri, e sono ridicola. Lo so, lo so.)

giovedì 22 settembre 2011

Corsi e ricorsi storici

Esattamente un anno fa scrivevo questo.
Scusate, mi ritiro per piangerci su.

Coppie funzionali / 2


(Dovevo farlo, OK? Ho resistito quasi 24 ore, dopo tutto.)

(Se non lo sapete, questa è "one of the most beloved TV couples of the millennium". Parola del New York Post, non mia.)

(E per la cronaca, l'amore mio fa esattamente la stessa faccia quando io mi metto a ballare.)
(E io ballo esattamente così.)

martedì 20 settembre 2011

Coppie funzionali

Io: Ah che bello, c'è Alla ricerca di Nemo in TV!
Lui: Ma che, adesso i pesci ci dobbiamo vedere?

Crescere è un lavoro da duri

Di una cosa sono sempre stata e sempre sarò convinta: che diventare adulti non è scontato. Gli anni passano e noi invecchiamo, triste ma vero; "diventare grandi", però, è un'altra cosa. Di sicuro, tutti conosciamo un sacco di persone che, anagraficamente, dovrebbero essere adulte (e sagge) e invece si comportano peggio dei bambini (di sicuro, gran parte di queste persone sono uomini - o presunti tali. Non per niente Peter Pan è un bambino. Maschio).

Notate bene che non sto parlando di comportamenti infantili tipo guardare i cartoni animati, imparare le coreografie delle boy band, saltellare su e giù eccitati quando succede qualcosa di piacevolmente inaspettato (ogni riferimento a fatti e persone che scrivono su questo blog è puramente casuale, *cough cough*) perché sì, questi comportamenti sono infantili (sarebbe infantile da parte mia il tentare di negarlo). Ma secondo me quelle che contraddistinguono l'adulto dal bambino sono, sostanzialmente, due condizioni:
1) l'adulto non pensa che il mondo ruoti intorno a lui;
2) l'adulto sa che il nostro non è un mondo in bianco e nero, ma che ci sono molte scale di grigi.

Chiarisco il primo punto con un aneddoto che ho ripetuto fino alla noia più o meno a tutti quelli che mi conoscono (quindi, vi tocca). Quando ero piccola e l'estate traslocavamo nella casa al mare, mia sorella - più piccola di me - non si convinceva che fossimo arrivati a destinazione finché non ci fermavamo letteralmente sotto casa. Entrare in paese non le bastava, perché per lei il paese era solo casa sua.
Il giorno in cui, affacciata al balcone, ho visto una donna sconosciuta aprire la finestra di fronte e mi sono resa conto, all'improvviso, che il mondo era pieno di donne sconosciute che aprivano le finestre di casa loro, indipendentemente dal fatto che io sapessi o meno della loro esistenza, e anzi totalmente e felicemente ignare della mia esistenza, quello è stato per me il giorno in cui ho iniziato a diventare adulta.

Sul secondo punto sto ancora lavorando. Perché so, a livello teorico, che difficilmente le persone sono del tutto buone o del tutto cattive, che spesso qualcuno ci appare "buono" solo perché fa qualcosa che va a nostro vantaggio e, al contrario, appare "cattivo" quando in qualche modo (volontario o involontario, spesso non per reale malizia ma solo per noncuranza o stupidità) ci crea problemi. So quindi, a livello teorico, che è inutile ed inefficace etichettare le persone come "amici" o "nemici". Ma nella pratica, spesso e volentieri non riesco a impedirmi di essere molto più tollerante, disponibile e paziente con chi ritengo sia "dalla mia parte" e di essere acida, sbrigativa e addirittura scortese con chi invece identifico come un avversario.
L'ho detto, ci sto ancora lavorando.

(Sappiate che state leggendo il millecentesimo post di questo blog. Siate fieri di voi per essere arrivati fin qui. Io lo sono.)

sabato 17 settembre 2011

I bambini non mi piacciono

Lo premetto a scanso di equivoci, perché da quando mi sono fidanzata e ho dichiarato che sì, prima o poi mi sposerò, tutti hanno smesso di chiedermi continuamente "Quando ti trovi un ragazzo?" e "Quando ti sposi?" e hanno cominciato a chiedermi continuamente "Che aspetti a fare un figlio?"

Non è che io sia aprioristicamente contraria alla faccenda: riconosco che, in linea teorica, se non ci riproducessimo la razza umana sarebbe condannata all'estinzione (di questi tempi non mi sembra un gran danno); ammetto pure che, se un figlio capitasse, lo adorerei trasformandomi all'istante nella quintessenza della mamma italiana (ansiosa, ossessiva e lievemente paranoica, quindi madre di un figlio inevitabilmente votato all'esaurimento nervoso, se non addirittura alla schizofrenia).
Capisco infine che, nello spazio di poche righe, sono riuscita a farmi odiare da tutte le mamme italiane, in particolare da quelle che del tutto legittimamente hanno cercato / cercano per anni di avere un figlio. In bocca al lupo, di cuore; rispetto e ammiro chi è dotato di istinto materno, essendo acutamente consapevole del fatto che il mio istinto materno si è dato allegramente alla latitanza parecchi anni fa (immagino che, ora come ora, se la stia godendo alle Fiji o giù di lì, insieme al mio orologio biologico).

Il fatto è, semplicemente, che a me i bambini non piacciono. Mentre tutti si sdilinquiscono non appena vedono un neonato, io rimango semplicemente indifferente. I neonati piangono, o dormono, o sbavano (e non è vero che hanno un buon odore: odorano di latte acido; ecco, l'ho detto). Né va meglio con i bambini un po' più grandi, che sono semmai ancora più noiosi, perché richiedono continua attenzione, urlano e litigano tra di loro e se ne vanno in giro (un neonato, per lo meno, dove lo metti sta).

(Sì, sono un essere orrendo)

Il fatto strano è che, in genere, i bambini mi adorano. Davvero; due volte su tre, non appena mi vedono, tendono le manine e vogliono venirmi in braccio (e io non so nemmeno come vanno tenuti in braccio: panico) e giocare con me.
La mia teoria in merito è che, per puro istinto, si rendono conto che, mentalmente, sono in pratica una loro coetanea.
Io non ho problemi a giocare con i bambini, purché:
1 - per un tempo limitato;
2 - non mi sbavino addosso;
3 - possano essere riconsegnati ai legittimi genitori non appena cominciano a frignare.

Devo dire però che una cosa che faccio sempre, anche quando potrei evitarlo, è ricambiare il saluto di un bambino che mi fa ciao. Lo stupore negli occhi dei bambini quando un adulto sconosciuto si accorge della loro presenza, e la gioia quando questo adulto sta al gioco, credo che siano tra i sentimenti più puri che si possa mai avere la fortuna di provocare.

Addams, Inc.


venerdì 16 settembre 2011

Outing

Dio sa che sono assolutamente per la parità dei diritti tra etero e omosessuali (lo sa Dio e lo sa l'amore mio, al quale infliggo quotidiani comizi pro-diritti dei gay). E Dio sa che sono nauseata dall'ipocrisia di quanti, parlamentari in primis, cercano il consenso delle folle (degli idioti) sbandierando la propria idiota omofobia, quando nella realtà sono omosessuali, o bisessuali. 
"L'applauso per sentirsi importante, senza domandarsi per quale gente." (cit.)

Più schifo ancora mi fanno quelli che si lanciano in dichiarazioni omofobe, propugnano leggi contro il matrimonio e l'adozione gay perché la difesa della famiglia "tradizionale" (quale? quella in cui la donna sta a casa a tirare su i figli e l'uomo lavora e a stento se ne ricorda i nomi?), la religione e la morale bla bla, e poi vanno a puttane.
Ogni riferimento a onorevoli (sì, vabbeh), ministri e presidenti (pfui) del Consiglio è totalmente voluto.

Detto ciò, non sono d'accordo con l'idea di pubblicare in Internet la lista dei parlamentari omofobi in pubblico e gay in privato. Credo che la decisione di rendere pubblica la propria sessualità, qualunque essa sia, debba essere presa in totale libertà dalla singola persona. Soprattutto qui e adesso, con il clima di intolleranza che si sta tristemente diffondendo (anche e soprattutto per merito di questi inqualificabili personaggi che sobillano gli imbecilli, pur essendo gay loro stessi, così di fatto impedendo agli altri di vivere tranquillamente la propria vita).

giovedì 15 settembre 2011

Andiamo ai materassi

Dovete sapere (no, davvero, DOVETE saperlo, è una cosa vergognosa; credo di averlo anche già scritto qui sul blog, perché mi ha fatto indignare) che noi comuni mortali non possiamo più prelevare liberamente i nostri soldi in banca. Sopra i 2.500 euro ('na miseria) il cassiere è obbligato a chiederci la causale del prelievo.
Norme anti-riciclaggio, dicono.

Difatti nell'ultima mirabolante manovra economica, quella testé approvata, che dovrebbe portarci al pareggio di bilancio entro il 2013 ma che già si sa avrà bisogno di correttivi, oltre a nessun taglio per lo stipendio dei parlamentari (e come ti sbagli), si ventilava anche l'introduzione di un ennesimo scudo fiscale. Per la serie, se hai portato illegalmente miliardi all'estero, evadendo le tasse e di conseguenza facendone pagare di più a me, adesso te li puoi riportare felicemente in Italia, e nessuno ti chiederà mai niente, manco come ti chiami. Se invece io, che sono una lavoratrice dipendente e quindi anche volendo le tasse non riuscirei a evaderle, decido che sono allergica a bancomat/carte di credito e non voglio che i miei acquisti siano tracciati per ragioni di privacy, per prelevare i miei soldi che mi fatico in ufficio otto ore al giorno, devo sudare sette camicie.

In banca mi hanno detto: "Che crede, signora, pure per noi è un disagio, non è piacevole dover spiegare a tutti che non è colpa nostra, ed è imbarazzante chiedere la causale del prelievo, e così e cosà."
Ma gli allevatori hanno montato tutta una protesta sulle quote latte, e i precari della scuola giustamente protestano, e i medici si sono ribellati all'installazione di un sistema informatico per ricette/certificati; perché le banche, che pure i loro bravi strumenti di pressione mediatica/politica li avrebbero, non hanno protestato tutte insieme per il disagio arrecato ai clienti, ché clienti siamo e gli lasciamo i nostri soldi, e ricevendone in cambio interessi pietosi?

E servizi penosi: oggi per prelevare due soldi mi hanno fatto perdere un'ora. Tanto vale chiudere i conti e nascondere i soldi sotto il materasso. Poi dicono che le banche sono in crisi.

mercoledì 14 settembre 2011

Troppo controllo

Giornata frenetica sul lavoro oggi, per chiudere un progetto che avrebbe meritato tipo due mesi di ponzamenti, e che abbiamo dovuto tirare giù in due settimane. Scarse.
Io non è che sia stata coinvolta più di tanto, per la verità; diciamo che ho monitorato la situazione con una sorta di clinico distacco, pronta a intervenire a mo' di salvatrice della patria se mi rendo conto che il panico sta raggiungendo il livello di massima allerta.

(Il mio lavoro è bello perché nessuno sa che cosa io debba effettivamente fare.)

OK, sto esagerando con il sarcasmo. In realtà devo controllare che tutti si ricordino tutto e nessuno si dimentichi niente, soprattutto nei momenti di panico. Non è facile perché sono estremamente disordinata, ma dato che sono anche estremamente ansiosa controllo tutto almeno tre volte - le prime due per sicurezza, la terza perché non mi ricordo se ho controllato o no. E comunque, siamo tutti molto rigorosi (eufemismo per "paranoici") e quindi, di solito, riusciamo a prevenire le catastrofi.

Di solito. Oggi, invece, la catastrofe (relativa: non lavoro in un ospedale, per fortuna) è avvenuta, e quel che è peggio, per colpa mia.
(Colpa ovviamente prontamente ammessa e prontamente perdonata dalla mia fin troppo buona capa).
La cosa pazzesca è che ho sbagliato perché non ero sicura di un'informazione, così l'ho controllata. Non su Internet. Su un nostro documento. Che era sbagliato.
Se mi fossi fidata del mio istinto e non avessi controllato, non avrei sbagliato. Rabbia.


Priorità istituzionali

L'idea che lo trascinino in tribunale in mezzo a due carabinieri, come Pinocchio, è intrigante (peraltro, oggi una vignetta siffatta campeggiava sul Giornale, autogol o lapsus freudiano?). Ma direi che prima di tutto bisognerebbe cacciarlo a pedate da Palazzo Chigi, o comunque impedirgli di continuare a far danni (sarebbe anche ora), ché qui stiamo correndo verso il precipizio e l'unico pensiero dei nostri esimi governanti (tutti, senza eccezioni) è di salvarsi la ghirba, il portafoglio e la poltrona.

Eutanasia

Stamattina in mezzo alla strada c'era un gatto che si contorceva, moribondo. Una macchina doveva averlo appena investito.
Ho seppellito due genitori, due nonne e parenti/conoscenti in ordine sparso, quindi la cosa non avrebbe dovuto toccarmi più di tanto. Invece mi sono messa a piangere, e di brutto. 
Il mio primo pensiero è stato "speriamo che qualcun altro ci passi sopra, e presto. Speriamo che muoia subito".

martedì 13 settembre 2011

Prompt

Una delle parole che ho imparato seguendo blog in lingua inglese in Internet (ufficialmente per allargare il mio vocabolario, ma in effetti a causa della mia ossessione per Glee - e comunque tra pochi giorni inizia la terza stagione - e comunque la cosa funziona, sto imparando un sacco di parole nuove e la mia insegnante di inglese è very pleased about it, thank you), dicevo, una delle parole che ho imparato ultimamente è "prompt". Che sarebbe, ho scoperto, un termine informatico per indicare che il computer è pronto ad accettare input, e che - estensivamente - sta anche a indicare un suggerimento, uno spunto per un racconto.

E io continuo a girare intorno al fatto che, prima o poi, mi piacerebbe riuscire a scrivere qualcosa degno di essere letto (a parte questo blog, of course), qualcosa con un inizio, una fine e una trama più o meno logica in mezzo, e magari anche (ma questo sarebbe un bonus) con dei personaggi vagamente realistici e non del tutto campati in aria.
Voglio dire, se Moccia scrive dei libri e qualcuno glieli pubblica e qualcun altro addirittura li compra (e presumo che li legga, persino, oh orrore, oh raccapriccio), allora posso ben scrivere qualcosa io.
Tutto sta, mi sono detta finora, a trovare il giusto prompt.

(Visto? Il titolo del post e il rantolare del primo paragrafo avevano, dopo tutto, un loro perché. Scommetto che non l'avreste mai detto.)

E si dà il caso che io abbia trovato il prompt perfetto.
Perché stamattina, andando al lavoro, ho visto due scarpe poggiate su un muretto.
Due sandali neri, a pantofolina, con il tacco alto e gli strass, sistemati in perfetto ordine l'uno accanto all'altro, in cima ad un muretto.
A vederli così, di sfuggita, non sembravano rotti.

Fantastico, mi sono detta: questi sandali devono avere una storia, per essere stati lasciati così, in bell'ordine, di mattina presto (o a notte fonda, meglio ancora!) su un muretto. Non mi resta che immaginare questa storia, e il mio racconto tanto a lungo negletto salterà fuori praticamente da solo.

Lo vedete, voi, il racconto che salta fuori da solo?
No? Nemmeno io :(

lunedì 12 settembre 2011

Meglio tardi che mai

All'incrocio hanno messo il segnale acustico per i non vedenti.
In Spagna ce l'avevano già almeno 5 anni fa. Meglio tardi che mai.
In Spagna il segnale acustico cinguettava come un canarino.
Qua sembra un allarme antifurto. Meglio che un calcio in bocca (che peraltro sarebbe molto poco politically correct).

venerdì 9 settembre 2011

Alla deriva

Mi rendo conto che in questo periodo ci sono cose ben più serie di cui preoccuparsi, ma nei giorni scorsi due notizie in particolare mi hanno fatto aumentare la voglia di emigrare.

La prima, è quella del pestaggio di una ragazza gay da parte di un perfetto sconosciuto, al ristorante. Segno che siamo tornati indietro a un'epoca di assurde, odiose e ingiustificate discriminazioni, e ormai non ci domina più la forza del diritto, ma il diritto della forza.
La seconda, è quella sul test d'ingresso alla Sapienza (dicesi La Sapienza), che includeva una domanda sui gusti delle granite. Segno che anche le istituzioni culturali un tempo più autorevoli hanno ceduto, di schianto, all'ignoranza e al degrado. Come direbbe l'amico George W., mission accomplished.

Entrambe le notizie mi hanno messo una volta di più davanti all'evidenza che non viviamo più in una società civile, e dato che mi lusingo di essere una persona civile, una volta di più mi domando: che ci faccio io qui?
Se avessi 10 anni e una casa in ristrutturazione in meno, farei le valigie e partirei senza pensarci due volte, e senza voltarmi indietro. E questo è molto triste, perché io amo l'Italia. 

sabato 3 settembre 2011

Poi dicono che c'è la crisi

Oggi un signore al banco salumi ha rifiutato con sdegno la mortadella in offerta (anche se era di marca) e ha chiesto esplicitamente di avere quella che costava di più.
Io la gente non la capisco.

venerdì 2 settembre 2011

L'igiene innanzitutto

Primissimo pomeriggio. Il supermercato è chiuso. Arriva un tizio in motorino; è il garzone del fornaio, non ci vuole Sherlock per capirlo; sul motorino porta due grossi contenitori di plastica pieni di panini.
Il tizio bussa alla porta del supermercato, e una tizia gli apre. Lui entra. Con il motorino.
Passando, motorino e tutto, davanti al banco della frutta e verdura, della salumeria, etc.

E vabbeh che i gas di scarico ormai sono ovunque, ma almeno salviamo le apparenze, dico io.

giovedì 1 settembre 2011

La rivolta delle macchine


Non so se capita anche a voi, ma a casa mia periodicamente le macchine si ribellano e smettono di funzionare. Tutte assieme.
(E' in momenti come questi che la presunta previsione Maya circa la fine del mondo non mi sembra più tanto presunta.)

In questi giorni, si sono messi d'impegno il computer e il telefonino. Il primo ha misteriosamente perso le impostazioni di Messenger (le mie credenziali d'accesso sono scomparse, sostituite da quelle di mia sorella - che, per inciso, non tocca il mio computer da quasi un anno) e siccome illo tempore avevo selezionato l'opzione "mantieni connesso", ho dimenticato username e password e ora non sono più capace di accedere. 

Il telefonino, dal canto suo, probabilmente si è convinto di essere nel Sahara o giù di lì, invece che in un centro urbano abitato e più o meno tecnologicamente avanzato, perché sono ore che non trova campo. 

Internet, al momento, collabora. Ma è meglio non dirlo a voce troppo alta, mi sa.