venerdì 25 ottobre 2013

Il problema è che partiamo già rassegnati

In treno mi capita di sentire i discorsi degli universitari. Non sono molto cambiati da quelli che facevo io (a parte il fatto che io sapevo chi fosse Pericle, e pure gli Iron Maiden, vivaddio).

Sentivo, però, che adesso il libretto universitario è messo in rete, nel senso che tramite il portale dell'Università gli studenti possono visualizzare esami fatti e votazioni; gli stessi dati consentono il calcolo delle tasse dovute, per cui il bollettino di pagamento viene personalizzato e pubblicato sulla pagina dello studente.

Mentre mi stavo felicitando con me stessa del fatto che un minimo di progresso tecnologico avesse permeato le sedi e le menti universitarie, ho sentito che molto spesso i dati non vengono aggiornati, per cui vengono richiesti dei pagamenti che non tengono conto della reale situazione di profitto dello studente.

La cosa veniva riferita - da ragazzi di nemmeno vent'anni - con placida rassegnazione, perché "siamo in Italia, e al Sud, e si sa che se devi fare tre cose ne fai una e mezzo, e giusto per far vedere che hai fatto qualcosa".

(x)

mercoledì 23 ottobre 2013

The Newsroom: cosa ne penso

RaiTre ha provato a mandare in onda The Newsroom, serie TV americana incentrata sulla redazione di un telegiornale (in effetti sembra più un programma di approfondimento, nel senso che l'anchorman è uno solo e non si fa mancare qualche pepato editoriale di tanto in tanto).

In patria, la serie ha mietuto larghi consensi e vinto numerosi premi. In Italia, la prima puntata ha fatto miseramente flop (è stata poi mandata in replica il sabato pomeriggio, non capisco bene perché; se era un tentativo di ramazzare audience, l'orario mi pare alquanto infelice). Al momento in cui scrivo non so se la serie continuerà ad andare in onda, sinceramente ne dubito.

Anche a me la prima puntata non è che sia piaciuta granché; troppo verbosa, con una serie di pistolotti sull'etica e la morale del giornalismo che agli yankees tanto garbano, ma da noi non fanno presa (strano, uno si domanda come mai!). Anche il montaggio era approssimativo. Per non emettere un giudizio frettoloso, tuttavia, e anche perché il panorama televisivo nostrano è più desolante del deserto del Gobi e sono sempre alla spasmodica ricerca di qualcosa di decente da vedere, mi sono "procurata" tutta la prima stagione della serie.

Di solito guardo film e telefilm in lingua originale, per fare pratica; capisco il senso generale, ma non posso dire di cogliere tutte tutte le parole, e quindi mi scarico anche i sottotitoli. Ecco, nel caso di Newsroom i sottotitoli sono davvero necessari, perché lo script è molto dialogato e infarcito di gergo tecnico e riferimenti all'attualità USA, ai meccanismi di voto, alle correnti interne ai partiti. Non si fatica, quindi, a capire come mai il pubblico americano ci si sia appassionato; ma neanche come mai per il pubblico italiano tutto ciò risulti ostico, e alla fine noioso. 

(Ad esempio, è ovvio che per un americano la puntata in cui [SPOILER] i giornalisti ricevono in anteprima la notizia della morte di Osama bin Laden, e debbano decidere di darla in anteprima o attendere una conferma, [/SPOILER] abbia un appeal superiore che per noi.)

(Comunque, va detto che pure The West Wing - stesso autore di Newsroom - era incentrata sui meccanismi più interni e farraginosi dell'amministrazione americana e suoi rapporti con i media, ma non risultava noiosa per niente. Almeno per me. Merito anche della regia, che era decisamente più creativa.)

Insomma, come già feci quando Rete4 comprò Downton Abbey io mi domando se chi fa i nostri palinsesti guardi un programma, prima di comprarlo e decidere quando metterlo in onda, o se gli basta sapere che ha vinto X premi da qualche parte nel mondo.

Peraltro, qualcuno ha pensato bene di far precedere la messa in onda della prima puntata da un pistolotto autocelebrativo in cui il direttore del TG3 (credo) spiegava quanto è importante fare un TG imparziale e cazzuto, e quanto erano fighi e cazzuti quelli di RaiTre non per fare un TG siffatto, attenzione! bensì per osare trasmettere una siffatta serie TV sul loro canale.

Grazie che poi nessuno si è visto la puntata.

lunedì 21 ottobre 2013

Cultura giovanile, nel senso di complesso di conoscenze condivise e di pubblico dominio

- ...e quindi potrei scegliere se seguire Storia greca o Storia romana... Penso di seguire Storia greca, mi sembra più interessante.
- Sì, in effetti io al liceo l'ho trovata più interessante... Almeno, la letteratura greca è più legata alla storia, sai. [? NdR]
- Ah, ecco... Ma di che parla? [??? !!! NdR]
- Beh, sai, di Pericle... Tu l'hai mai sentito nominare? [!!!!!!!!!!!! NdR]
- O_o
- Ecco... Beh, parla di Pericle.

***

- ...e poi ho preso questo mega-panino...
- Con cosa, con il bacon?
- Mah senti, non ricordo bene... Si chiama Iron... Iron... Sì, sai, come quel gruppo musicale, che poi io non l'avevo mai sentito nominare e quindi non lo sapevo pronunciare, e mi hanno tutti guardato male perché pare che sia famoso, ma io veramente non l'avevo mai sentito! Iron Ma... Iron Meid... Insomma, è un gruppo musicale!

giovedì 17 ottobre 2013

Il mattino ha l'oro in bocca

Nel libro che sto leggendo in treno, l'autore a un certo punto dice che le storie da raccontare non gli mancano mai, che riesce a tirar fuori spunti praticamente da ogni cosa. Io devo essere lo Yin al suo Yang (o viceversa), perché non riesco a tirar fuori spunti praticamente da niente. 

I corsi di scrittura creativa prescrivono, non a caso, un rigoroso allenamento; bisogna imporsi di scrivere qualcosa ogni giorno, per prendere l'abitudine. Immagino, però, che ciò che si intende davvero sia "scrivere qualcosa di decente ogni giorno". Io cancello il 90% di quello che scrivo, quando lo rileggo. Ma forse sono ipercritica: se fossi Moccia, per esempio, non avrei ancora pubblicato manco un libro.

Una cosa che mi sta frullando in capo da un po', in effetti, è scrivere un romanzo collettivo. Non intendo propriamente "a quattro mani"; intendo qualcosa simile a un gioco che forse qualcuno di voi avrà fatto. Si riunisce un gruppo di persone, una di loro comincia a raccontare una storia (può essere anche una semplice frase, tipo "C'era una volta un re") e ciascuno degli altri, a turno, deve proseguire come più gli aggrada. Non so in realtà se è questa la struttura con cui lavorano i Wu Ming, o dei vari concorsi di romanzo collettivo che sulla loro scia stanno proliferando in giro (del resto, io non sono un tipo originale: se lo fossi, i libri potrei scrivermeli da sola). Però a me interesserebbe fare così, uno comincia e gli altri proseguono.

Mi frulla l'idea perché io non sono brava a inventare storie (tendo anche a ripetermi, non so se l'avete notato) ma credo di essere brava a integrarle. Per dire, quando leggo un libro o guardo un film che mi appassiona, mi capita di infilare nella trama un altro personaggio, totalmente da me inventato e solitamente basato su come vorrei essere, e proseguire la storia per fatti miei.

(Solo di recente ho scoperto con sollievo che questa cosa si chiama fanfiction, è un vero e proprio genere letterario praticato da milioni di persone, e dunque non sono una pazza solitaria, sono soltanto pazza.)
(Peraltro, le 50 sfumature di eccheppalle nascono come fanfiction, l'autrice si è ispirata - pare - alla saga di Twilight. Il che dimostra che le fanfiction sono un vero e proprio genere letterario che, in quanto tale, contiene in sé eccelsi capolavori e boiate pazzesche.)

Quando partecipavo alla community tolkeniana, anni e anni prima che Jackson cominciasse a preparare L'Hobbit, un gruppo di iscritti - tra cui la qui presente - scrisse una sceneggiatura tratta dal libro. Iniziammo col decidere quali episodi cassare dalla trama (troppo lunga per un film, e infatti Jackson ci ha dato ragione) e quali includere (anche spuri: io ho insistito fino allo sfinimento per un cameo di Legolas, e infatti Jackson mi ha dato ragione), quindi siamo partiti a descrivere le varie scene, a definire i dialoghi, a modificare, perfezionare, limare. Ognuno contribuiva alla discussione, finché non si arrivava a una versione condivisa e approvata. E' stato divertente: inoltre, se uno di noi tendeva a scivolare nell'horror o nel romanzo rosa, gli altri erano pronti a raddrizzare la nave.

Insomma, se qualcuno volesse cominciare una storia, così senza un perché ma con la curiosità di sapere come e dove andrà a finire, ne possiamo parlare. 

martedì 15 ottobre 2013

Aspetto una riscontro con insofferenza

Non so che tempo faccia da voi. Qua sono giorni che il cielo è grigio, a tratti piove pure, ma fa caldo. Non abbastanza da girare in maniche corte, almeno per me che sono freddolosa ed esco di casa molto presto al mattino, ma abbastanza da sudare, almeno per me che dopo essermi vestita in modo adatto al fresco del mattino poi salgo su treni sovraffollati e inspiegabilmente privi di aria condizionata.

Difatti ero incerta se intitolare questo post "Non ci sono più le mezze stagioni di una volta" o "La vita di un pendolare è piena di soddisfazioni"; nel dubbio, ho optato per una delle frasi per me più esilaranti delle mail di spam che ci arrivano in ufficio. Sto pensando di scrivere le migliori da qualche parte, perché sono troppo belle per mandarle perse.

(Due aggiornamenti al giorno, tutti i giorni lavorativi che lo Spaghetto ci manda, con il computer bloccato per intere mezz'ore, e continua ad arrivarci spam. Il mondo è privo di logica.)

A proposito di nonsense: avete notato che la TV gronda di talk show politici? Seriamente, c'è n'è almeno uno ogni sera. Peggio delle partite di calcio, ed è tutto dire considerando che siamo in Italia. E il bello - si fa per dire - è che parlano del nulla. Ho concepito la teoria che ci hanno desensibilizzato apposta con anni di tronisti e grandi fratelli, per poi farci inghiottire il vuoto cosmico dei talk show senza colpo ferire. Io mi armo di portatile e cuffiette e mi dedico ai serial TV, che se non altro hanno una trama coerente, una regia e attori degni di tale nome.

(Guardo solo serial TV stranieri, ça va sans dire)

giovedì 10 ottobre 2013

La Valle della Morte

Il titolo allarmistico e tragico (sovrabbondanza di maiuscole compresa) sta solo a significare che, negli ultimi giorni, ho aperto quattro volte la pagina di draft di Blogger, ho scritto quattro post e per quattro volte li ho buttati nel cestino.
Sarebbe un classico caso di blocco dello scrittore, se io fossi uno scrittore (scrittrice, ma vabbeh).

Il punto è che la vita, in questo momento, scorre abbastanza tranquilla (il che di per sé, ne convengo, è una notizia) e quindi deficita di eventi/aneddoti interessanti da piazzare qua sul blog.

Poi avete avuto la malaugurata idea di farmi sapere che effettivamente mi leggete, e questo mi responsabilizza a scrivere qualcosa di degno. Non che io ritenga di aver scritto finora alcunché da tramandare ai posteri, ma vabbeh (2).

I quattro post abortiti, peraltro, erano altamente filosofici. Di quelli che a pensarli mi faccio pat pat sulla spalla da sola, 'anvedi che pensieri filosofici mi vengono alle volte, quanto sono ganza! Poi li rileggo e fanno veramente schifo, sembrano quegli aforismi wannabe-profondi che circolano su Facebook e che ogni volta mi provocano l'impulso di disamicare chi li condivide (sappiatelo).

Quindi, con spirito di autocritica degno di migliori comunisti, mi autocancello. Il fatto è che, oltre a non essere scrittrice, non sono manco filosofa e quindi certe cose mi vengono male. Iersera, per esempio, avevo buttato giù tutta una pippa su quanto mi sentivo adulta e matura e capace di affrontare me stessa e il mondo, ma non in senso combattivo quanto piuttosto in termini di serenità mentale e zen (mancava solo la motocicletta).

Poi mi sono resa conto che era passata la mezzanotte e quindi tutta la serenità e adultità di cui sopra si dovevano al fatto che in pratica stavo dormendo in piedi.