venerdì 7 ottobre 2011

Sfogo post-lavorativo

Il 90% delle volte adoro il mio lavoro. Cosa che, ne sono consapevole, è più di quanto molti possano dire.
Poi, ovviamente, c'è il restante 10%.

Quando non sono capace di fare una cosa, o non sono abbastanza competente per farlo, lo dico subito a scanso di equivoci. Non per mettere le mani avanti, ma - in coscienza - perché i miei superiori siano in condizione di affidare il lavoro alla persona più adatta.
Per il resto, faccio tutto quello che posso. E lo faccio di buon grado. E lo faccio presto e bene, se posso vantarmi. E a dirla tutta, faccio anche cose che non sarebbero di mia competenza, ma siccome sono intelligente e mi piace imparare cose nuove, mi rimbocco le maniche e studio un po', e faccio quello che serve. 
E a dirla tutta tutta, faccio anche cose al di sotto delle mie competenze. Ma i tempi sono quelli che sono, e la baracca bisogna menarla, e mi pare francamente idiota assumere arie da Bartleby lo scrivano (che, sia detto per inciso, personalmente avrei licenziato, in tronco, al primo "I prefer not to").
(Sono favorita dal fatto che la mia capufficio si rende perfettamente conto di chiedermi, a volte, cose al di sotto delle mie competenze, e ne tiene buona nota.)
Se poi commetto un errore, per quanto mi pesi, sono la prima a riconoscerlo e ad assumermi le mie responsabilità.

Ne deriva che detesto gli incompetenti, e soprattutto gli incompetenti che negano i propri sbagli scaricando la colpa su qualcun altro, anche contro ogni evidenza. Ora, io non sono esattamente una persona diplomatica e di sicuro non sono una persona paziente, quindi quando mi capita di imbattermi in un incompetente, la mia reazione istintiva è quella di gridargli in faccia: "Ma sei stupido o che?" e quindi di cominciare a tirargli addosso oggetti contundenti. Purtroppo sul lavoro questo non sempre è possibile, soprattutto quando l'incompetente in questione occupa una posizione dirigenziale (ahia). Di qui la mia frustrazione, che non è mai una bella cosa, soprattutto di venerdì.

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