Volevo scrivere un altro post sul mio lavoro, e in particolare su una collega che manderei tanto, ma oh tanto volentieri a quel paese, ma mentre lo scrivevo mi sono resa conto che stavo diventando estremamente lagnosa. E seccante. E petulante. Per cui ho cancellato tutto.
(Della serie: perché un blog è più efficace di un diario su carta.)
No, sul serio: sfogarsi ogni tanto è una cosa sana, sfogarsi fa bene, ma dopo un po' bisogna piantarla e rimboccarsi le maniche e trovare una soluzione.
Nel caso in ispecie, l'unica soluzione praticabile è quella di evitare la collega come la peste (ché quella ci manca, già l'influenza mi ha reso afona per la gioia di molti), anche se questo comporta l'accollarsi alcune scartoffie che spetterebbero a lei. Pazienza. (Nella realtà dei fatti, non è che sia roba complicata. Con i miei capi ho protestato, naturalmente, ma per un fatto di principio. Io, paladina della giustizia.)
E dunque, basta con gli sfoghi. Il problema è che, per il resto, non è che mi venga in mente molto altro da dire. Dopo qualche giorno di iperattività bloggatoria, pare che la marea sia cambiata.
Purtroppo questo è un brutto periodo. La salute vacilla, amici/parenti/conoscenti latitano - e fanno bene, come minimo sono contagiosa -, i lavori di casa sono in stallo, e Glee non riprenderà fino a novembre. Mondo crudele.
Update: e tutto quanto scritto sopra sembra ancora più stupido e meschino quando un'amica ti telefona e ti racconta i suoi problemi che sono molto molto più seri dei tuoi. E dovevo chiamarla io, e da lunga pezza.
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