Per una volta che qualcosa succede in questo buco nero di città, tanto vale raccontarlo. Peraltro il qualcosa è successo proprio sotto le finestre del mio ufficio: ho le prove fotografiche di quanto affermo (e le pubblicherò non appena mi riuscirà di connettere il telefonino con il computer. Perché il mio portatile non ha il bluetooth e il mio telefonino ha un sistema complicatissimo di connessione via USB? Mistero).
Dunque, al mio arrivo stamattina ho trovato due isolati - compreso quello del mio ufficio - presidiati da vigili urbani, carabinieri e poliziotti in ordine sparso (mai viste tante forze dell'ordine in una volta sola), sbarrati dai nastri bianchi e rossi dei lavori in corso e con cartelli di divieto di sosta in quantità industriale.
E la strada era bagnata. Mi ci è voluto un po' per realizzare che erano passati a lavarla (non succede spesso).
Il portiere dello stabile del mio ufficio, a cui mi sono rivolta per informazioni (se ti servono informazioni, chiedile al portiere: sa tutto) mi ha quindi graziosamente informata che era previsto l'arrivo del Presidente della Repubblica. Ohibò.
Il fatto è che nel giardino pubblico proprio di fronte alle mie finestre, nel 1943 o giù di lì, c'è stata una strage fascista e quindi periodicamente personalità più o meno altolocate si radunano per commemorare la faccenda, con tanto di corona di alloro e discorsi ufficiali.
Stavolta c'era anche Giorgio Napolitano. Una buona oretta prima del suo arrivo hanno schierato al margine del giardino - dietro transenne de luxe nuove nuove, e io pago! - tanti scolaretti con i grembiulini inamidati e le bandierine tricolori. Intanto la gente si è radunata sul marciapiede, e quando è arrivata l'auto blu con altra bandiera tricolore più stendardo del Capo dello Stato, è scattato l'applauso. L'ho preso come segnale per affacciarmi alla finestra e scattare le suddette foto.
La commemorazione sarà durata, a spanne, una decina di minuti. Giorgio è sceso dall'auto blu, ha salutato - non nell'ordine - sindaco presidente della Provincia e presidente della Regione -, ha salutato i bambini che scandivano, adeguatamente e evidentemente allenati, "Presidente! Presidente!" (una cosa tristissima), ha seguito i corazzieri che deponevano la corona di alloro, ha fatto dietro-front, ha salutato ancora un po' e poi è rimontato in macchina per fare un altro isolato e arrivare all'Università.
L'ho preso come segnale per chiudere la finestra e tornare al lavoro.
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