giovedì 13 settembre 2012

Qualunque titolo mi pare inappropriato

Con molto, moltissimo ritegno, dato che l'episodio è gravissimo e di certo io non ho le conoscenze necessarie a comprenderne le motivazioni e le implicazioni, ho deciso di scrivere un post sulla tragedia di Bengasi.

Le mie parole saranno sicuramente banalissime (spero solo che non siano offensive), ma sento davvero il bisogno di fermarmi a riflettere su quello che è successo, senza farmelo scivolare addosso distraendomi con tutto quello che succede intorno a me (e qui arriva la prima banalità, della serie "la vita continua").

Innanzitutto ci tengo a premettere che, inevitabilmente, la mia percezione dei fatti è distorta dalla rappresentazione che ne stanno dando i media. Ci tengo a mettere questo come primo punto fermo.

La mia prima reazione quando ho saputo cosa era successo, oltre ovviamente all'orrore, è stata una grande preoccupazione. Perché sono convinta che, quando una nuova guerra mondiale scoppierà (e succederà prima o dopo, le guerre sono fatte dagli uomini - intesi come uomini e donne, genere umano - e gli uomini sono stupidi, miopi e prevedibili), le cause saranno come sempre economiche, il pretesto sarà quasi certamente religioso dato che le ideologie sono cadute con il Muro e le religioni sono le uniche idee forti abbastanza da "giustificare" la violenza.

Come appunto è successo a Bengasi.

Queste sono le mie considerazioni, in ordine sparso perché davvero faccio fatica a razionalizzare quello che è successo.

1) Credo fortemente nel principio della libertà di parola, e mi sembra assurdo che qualcuno possa anche solo pensare di scatenare la violenza in risposta alle parole di qualcun altro. Né penso che ci si debba autocensurare in previsione di possibili reazioni altrui: così facendo, ci ridurremmo a ostaggi di qualche fondamentalista esaltato.

2) D'altro canto, credo anche che si debba avere rispetto per le convinzioni e le tradizioni degli altri, e cercare di non offenderli. Mi è sinceramente difficile riuscire a conciliare queste due cose, ma poi mi dico che un conto sono le credenze religiose (che vanno rispettate), un conto è il fondamentalismo.

3) Voi giustamente mi obietterete che ci sono credenze religiose che non è facile rispettare, tipo il fatto che la Chiesa condanna l'aborto e l'uso dei preservativi, o che i Testimoni di Geova rifiutano le trasfusioni di sangue, e io non posso che dirvi che non ho una replica a questa obiezione; se non che, in linea teorica, ciascuno di noi ha il diritto di decidere se vuole vivere, a costo di tradire il suo credo, o se vuole rischiare di morire. Il che non mi tranquillizza affatto, tanto meno quando si parla di genitori che decidono della vita dei figli minorenni.
(Sette pseudo-religiose tipo Scientology, che credono negli alieni e nel suicidio di massa per raggiungere il "Paradiso" o simili, le catalogo sotto il fondamentalismo.)

4) Il fondamentalismo è sempre, sempre, sempre, sempre pericoloso. Il che vale ovviamente per Cattolicesimo, Ebraismo, Islam, Buddhismo etc. etc.

5) Condanno e condannerò sempre la violenza, ma trovo più giustificato l'invio di navi da guerra statunitensi verso la Libia. A mio parere, Obama non avrebbe potuto fare altro (è ovvio che le imminenti elezioni avranno giocato una parte importante nella decisione), anzi mi meraviglio che non abbia già dato l'ordine di aprire il fuoco. Se da un punto di vista umano e morale l'aggressione e l'uccisione di chiunque è un fatto esecrabile, dal punto di vista dei rapporti fra Stati l'assalto a una sede diplomatica e l'uccisione di un ambasciatore sono senza dubbio atti di guerra.

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