A proposito del mio rapporto difficile con la privazione di sonno...
Quando ero ragazzina, in cucina avevamo un piccolo televisore in bianco e nero. Aveva il rivestimento in plastica rossa, un'antenna che bisognava muovere avanti e indietro (e incrociare le dita) per sintonizzarlo, e un paio di manopole per cambiare canale.
La sera, io e le mie sorelle ci sedevamo a cena guardando i cartoni animati: roba tipo l'Incantevole Creamy, Kiss me Licia (ebbene sì), i Puffi e gli Snorky (che in bianco e nero in effetti non rendevano granché). Alla fine dei cartoni animati era stabilito che ce ne andassimo a dormire.
Col passar del tempo cominciò a darmi fastidio essere costretta a filare a letto alle otto e mezzo, come le mie sorelle piccole; peraltro, la cosa mi tagliava fuori da tutte le discussioni con le mie compagne di classe che al contrario di me tiravano tardi (le dieci e mezzo) e quindi potevano parlare con competenza di causa di programmi da adulti, ad esempio Starsky e Hutch (loro lo chiamavano Staschiacc, ma insomma ci siamo capiti).
Così affrontai mia madre sostenendo con fermezza che, a dodici anni suonati, avevo diritto a un'estensione del coprifuoco. Lei riconobbe la validità delle mie argomentazioni e mi diede quindi licenza di scegliere un giorno alla settimana in cui avrei potuto rimanere sveglia un'ora in più.
Io scelsi il giovedì, perché il giovedì in TV trasmettevano Il tenente Colombo.
Io scelsi il giovedì, perché il giovedì in TV trasmettevano Il tenente Colombo.
A metà puntata già mi si chiudevano gli occhi, ma col cavolo l'avrei data vinta a mia madre andandomene a dormire prima del tempo.
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