Saprete che, qualche settimana fa, sul web si è diffusa la notizia (con conseguente allarme e minaccia di rivolta degli utenti) che i maggiori social network avrebbero chiesto ai propri utenti una conferma di identità. Niente più pseudonimi, in altre parole.
Personalmente, ritengo che usare un nickname sia una delle cose più divertenti di Internet; scegliere un alter ego in base al proprio carattere, ai propri interessi, in fondo è sì un modo di nascondersi, ma anche di rivelare una parte di se stessi che si ha qualche ritegno a manifestare "in chiaro". D'altro canto, così vivo io il mio nickname ma capisco che ci sono altri utilizzi, molto meno "benevoli", di fronte ai quali misure più o meno restrittive della privacy appaiono ragionevoli, se non addirittura necessarie.
Queste considerazioni sull'uso dei nickname mi hanno condotto a riflettere su quanto, consapevolmente o meno, riveliamo di noi anche quando ci nascondiamo dietro un avatar.
Ad esempio, uno dei blogger che seguo dice spesso di avere un cognome insolito, senza però mai citarlo, e si è meravigliato quando più di uno tra i suoi lettori lo ha rintracciato in Rete. Forte delle mie letture "gialle", mi sono cimentata anche io nell'indagine e mi ci è voluta non più di mezz'ora per individuare curriculum vitae, foto e profilo Facebook del soggetto in questione.
Quali indizi ho seguito? Beh, innanzitutto l'anagramma di nome e cognome che il malcapitato aveva incautamente diffuso in un post. Non sono brava con gli anagrammi (ho troppa poca pazienza), ma certe lettere permettono ben pochi accostamenti; inoltre altri post mi avevano fornito importanti indicazioni sulla presenza o meno di consonanti raddoppiate. E' stata quindi solo questione di pochi tentativi, e ovviamente di Google.
Ma avrei potuto seguire anche altre strade, visto che del blogger conoscevo, ad esempio, professione ed area geografica di residenza; anzi, qualunque altra persona più ferrata di me in geografia (e non è difficile) avrebbe cominciato senz'altro di lì visto che il blogger è generoso in fatto di menzione (ancorché criptata) e descrizione di luoghi.
Ora sto resistendo alla tentazione di andarmi a rileggere i miei vecchi post, e verificare quanto sarebbe facile risalire alla mia identità solo basandosi su quello che ho scritto. Facilissimo, immagino, dato che non ho il proposito di nascondermi e ho scelto un nickname, per l'appunto, solo perché mi divertiva l'idea. Non per niente ho collegato il blog al mio profilo Facebook, in cui mi presento con nome e cognome "anagrafici".
Quello che potrei fare, invece, è rintracciare amici parenti e conoscenti del blogger di cui sopra. Anche su questi ho tante informazioni, non penso mi ci vorrebbe molto. E, ecco, questa è una cosa che mi preoccupa perché io ho scelto di "espormi" sul web, ma le persone di cui parlo non hanno fatto la stessa scelta, e l'idea di averli inconsapevolmente messi in piazza, loro malgrado, mi scatena tutta una serie di problemi etici.
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