Fino a qualche anno fa ci capitava spesso di lavorare con aziende alimentari, che in molti casi ci omaggiavano con alcuni loro prodotti. Poi, disgraziatamente, la crisi ha spazzato via queste buone abitudini.
Per cui, non neghiamolo, ci ha fatto molto piacere quando l'ennesimo produttore ci ha fatto arrivare in ufficio un paccone pieno di cose buone. Paccone doverosamente indirizzato al capo e che il capo, altrettanto doverosamente e - va detto - graziosamente, ha spartito con tutti noi.
Il secondo paccone è stato accolto sempre con piacere, ma anche con un po' di imbarazzo, perché il rapporto di lavoro si era ormai concluso e non ci sembrava giusto continuare ad 'approfittare'.
Sicché, quando oggi è giunto un terzo pacco, abbiamo cominciato a guardarci negli occhi chiedendoci se sarebbe stato più inopportuno e scortese accettarlo, oppure rimandarlo indietro con un gentile ma fermo 'grazie, no'.
Per fortuna l'apertura del pacco ci ha tolto da ogni imbarazzo, perché dentro non c'erano beni deperibili, bensì degli orrendi gadget dell'azienda mittente (per farvene un'idea, pensate alla cosa più kitsch che abbiate visto in vita vostra, ed elevatela al cubo). Peraltro, una veloce ricerca in Rete - fatta per capire chi, come e perché avesse mai potuto concepire simili obbrobri - ha rilevato che le schifezze risalivano a un paio di anni fa, ed erano state realizzate all'epoca per 'celebrare' un'X ricorrenza aziendale.
Quindi non solo brutte, ma pure riciclate.
Uno dei 'gadget' era espressamente riservato al nostro AD, e non vediamo l'ora di conoscerne le reazioni.
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