Qualche tempo fa, davanti al mio scetticismo circa la mirabolante ricostruzione di L'Aquila spacciata dai media berlusconiani, l'amore mio mi proponeva di andarci di persona, prima di Natale, a vedere con i nostri occhi la verità.
Così domenica scorsa, di ritorno da Roma, ci siamo passati.
L'amore mio è stato a L'Aquila a fare il servizio militare, conosce benissimo i dintorni e da bravo ottimista di destra mi diceva: "Vedrai, ci faremo un bel giro in centro, tanto sarà tutto riaperto, e poi andiamo a mangiare in quel tale ristorante..."
Io, da brava pessimista di sinistra, tacevo.
Arrivati a L'Aquila, cominciamo a vedere i primi palazzi lesionati. E poi altri. E poi altri.
Insomma, tutto il centro storico è crollato o pericolante.
E ci volevi tu a dircelo? No, ma vederlo di persona è ancora più impressionante.
Aperto (ma transennato) il corso principale, il resto è tutto chiuso e presidiato dall'Esercito.
Deserto, a parte qualche decina di persone che la domenica va in pellegrinaggio e si mostra l'un l'altro dove abitava prima del terremoto.
Ai balconi ci sono ancora gli stendardi della processione del Venerdì santo.
E a terra ci sono ancora le macerie. Impalcature di sostegno, ma solo per alcuni edifici.
L'amore mio mi ha spiegato che prima di ricostruire bisogna mettere tutto in sicurezza, e secondo lui ci vorranno almeno 5 anni per rivedere L'Aquila in piedi.
E lui è un ottimista di destra, ricordate?
Però le case, anzi le C.A.S.E. le abbiamo viste.
In periferia, orrende, ma almeno un po' di gente ci abita... Speriamo piantino un po' di verde intorno.
L'amore mio dice che costruire palazzi del genere in otto mesi è comunque un record.
Io gli credo. Ma il centro storico è deserto dopo otto mesi, e me ne sono andata dicendo "L'Aquila è morta". C.A.S.E. o no.
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