Esco di casa prima delle otto, vado in ufficio, esco dall'ufficio e (come ogni giorno da mesi a questa parte) vado a trovare mio padre. Che mi chiede se gli ho portato il Gatorade, ché l'ha finito. Purtroppo no, perché 1) non mi aveva detto di averlo finito e 2) in settimana non ho tempo per fare la spesa. Reagendo virilmente a cotanta delusione, il genitore (ma quando mai) mi intrattiene sui soliti temi della sua sfortuna e della sua miseria (sic. La sua pensione è il doppio del mio stipendio). Quando lo saluto, dicendogli che devo andare a casa a pulire un po', si stupisce che io non abbia una colf. Poi si stupisce della pochezza del mio stipendio. L'indomani, mentre sono in ufficio, mi fa uno squillo perché io lo richiami. Quando lo faccio, mi chiede se sono andata a comprargli il Gatorade. Gli dico di no, che in settimana non ho tempo di andare a fare la spesa. "Ah", è la risposta: un capolavoro monosillabico di delusione, rassegnazione e fastidio.
E poiché è malatissimo, non posso nemmeno mandarlo a quel paese.
il vittimismo (paraculaggine) dei genitori raggiunge vette sempre più alte man mano che invecchiano...
RispondiEliminaSpecie poi se il campo-base è già di suo a 1.000 :(
RispondiEliminaGrazie del sostegno, comunque :)