Forse è vero che l'appetito vien mangiando. Ho tante cose da fare, e non si tratta di impegni spot ma di faccende da sbrigare nel corso del tempo: non se ne vede la fine, anzi quando credo che qualcosa sia in dirittura d'arrivo ecco che arriva un'altro problema da affrontare. Eppure (o proprio per questo?) mi viene voglia di imbarcarmi in altre attività. Sarà perché sento il bisogno di spendere un po' di tempo per cose che mi piacciono, da fare per piacere e non per forza; sarà perché a furia di girare come una trottola sono riuscita a scrollarmi di dosso un po' della mia proverbiale pigrizia.
Sia come sia, da qualche giorno giro intorno all'idea di imparare l'arte del patchwork: eh sì, perché ho sempre avuto la passione per le trapunte americane e darei non so cosa per riuscire a farmene una. Ora, per capire quanto sia assurda questa idea bisogna sapere che: 1. il quilting (mi sono documentata, le trapunte in inglese si chiamano quilt) è un'arte che richiede assoluta precisione (e già questo mi taglia fuori); 2. il quilting (sempre lui) è un'arte che richiede pazienza (decisamente non fa per me); 3. bisogna saper cucire. Detto ciò, farei prima a darmi al ju jitsu.
Eppure, il pensiero continua a ronzarmi in testa. E ho deciso che quando avrò una casetta mia (se tutto va come deve andare, ci vorranno pochi mesi ancora) mi troverò uno spazio per cincischiare con aghi, fili e pezzi di stoffa (e per abbandonarli a se stessi quando mi saranno venuti a noia, ossia se ben mi conosco circa mezz'ora dopo aver cominciato).
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