Sono distratta e smemorata, così del mio passato ricordo poco, quasi niente. Già gli anni dell'università sfumano in una nebbia indistinta (bella frase, chissà dove l'ho letta), figuriamoci quelli della scuola elementare. Ogni tanto con un flash mi si aprono squarci su fatti che avrei detto di aver rimosso del tutto; per il resto, il buio.
Non è che la cosa mi angosci più di tanto, a dire il vero. Comunque alcuni episodi, belli e brutti, me li ricordo senza sforzo. Non saprei dire se siano quelli più importanti per me o se, al contrario, quelli fondamentali mi siano scomparsi dalla memoria per incidersi profondamente nel subconscio (altra frase a effetto che devo aver letto in giro). In effetti, forse per la mia sanità mentale sarebbe bene far emergere questi ricordi ma, francamente, non mi pare di essere pazza o instabile, almeno non ancora (d'altro canto, un pazzo si rende conto di esser tale?).
Il punto è: perdere i ricordi ci fa perdere qualcosa di noi stessi? O il nostro passato ormai fa parte di noi, perché ci ha reso quello che siamo, indipendentemente dal fatto che lo ricordiamo o meno? Oppure ancora, non conta che ricordiamo il passato perché non siamo quello che eravamo né ciò che saremo, ma solo ciò che siamo adesso? (Questa so dove l'ho letta: nell'Estate incantata di Bradbury.)
(Ringrazio Bennina per lo spunto)
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