mercoledì 29 ottobre 2014

Reazione indotta

Da un po' di tempo in ufficio giace, e non chiedetemi come ci sia arrivata, una rivista dal titolo "Il dalmata libero".

E ogni volta che la vedo, l'unica cosa a cui mi riesce di pensare è:

lunedì 27 ottobre 2014

Zombie

La dipartita di Splinder mi ha privato di molti dei miei blog preferiti. Uno, in particolare, che era in verità già stato abbandonato dalla sua autrice, ma io continuavo a leggere e rileggere gli stessi post (che vi devo dire, mi piacevano e mi facevano ridere) sperando nel suo ritorno.
Poi, per l'appunto, defungimento di Splinder e addio.
O così credevo.

Pochi mesi fa, in maniera del tutto fortuita, scopro Wayback Machine.
Manco dirlo, il primo sito che vado a cercare è quel blog. Di cui, in effetti, trovo salvate alcune pagine... Poche, e non quelle con i miei post preferiti.
Una persona normale si sarebbe rassegnata. Io mi sono lambiccata il cervello per capire se c'era un altro modo di recuperare il blog, o di rintracciare l'autrice, basandomi sugli indizi lasciati en passant nei suoi vari racconti.
Credo che gli stalker comincino proprio così.

Ieri, distrutta dopo le pulizie domestiche "a fondo" di fine settimana (non ho più l'età, decisamente) mi sono lasciata stramazzare sul divano e, in mancanza di meglio, sono tornata su Wayback Machine e a quel blog.
Per scoprire con delizia che una particolare "cattura" delle pagine aveva i link dell'archivio funzionanti, per cui il blog è tutto leggibile.
Il ritorno dai morti, davvero.

Inutile dire che, quando l'amore mio è passato a prendermi per andare a farci una pizza, mi ha trovato placidamente seduta sul divano a rileggermi tutto il blog.

venerdì 24 ottobre 2014

Mi censurano

Ancora non ho ben capito come funziona Twitter, e per la verità non è che mi ci stia applicando più di tanto: è un'attività time consuming, e anche se mi intriga parecchio al momento non posso dedicarmici.

Una delle cose che ho capito finora, comunque, è che su Twitter vale la pena di seguire non tanto e non solo chi la pensa come me, ma anche e soprattutto chi la pensa diversamente. Oltre alla possibilità di contraddirli e fare polemica (che, ormai mi conoscete, mi garba assai), trovo sia salutare scontrarsi ogni tanto con posizioni diverse.

Con i blog, invece, è diverso perché quelli che seguo, più o meno, hanno tutti qualcosa in comune con me. Semplificando, quasi tutti i blogger che seguo mi stanno simpatici mentre parecchi degli utenti Twitter che seguo mi stanno discretamente antipatici.

Avrete notato il "quasi", perché in effetti seguo un paio di blog i cui autori spesso e volentieri mi danno fastidio. Ma per la faccenda dello scontrarsi con posizioni diverse, continuo a seguirli.

Il primo, ho il sospetto che nutra posizioni fascistoidi (sospetto, perché potrebbe darsi che faccia del sarcasmo così sottile da scavalcarmi del tutto), e a parte questo si atteggia molto a superman, il che mi innervosisce. Probabilmente perché anche io tendo a fare la signorina-so-tutto, e quindi un comportamento simile da parte di un'altra persona non può che darmi ai nervi.

Anche la seconda blogger "antipatica" è del genere so-tutto-io, ma quelli che mi danno molto più fastidio sono i suoi atteggiamenti censori, per cui chi non la pensa come lei è eraso dal blog. Come lo so? Beh, in genere su questi blog io lurko, ossia leggo ma non commento, proprio perché so che - per carattere - finirei per scatenare polemiche e nella maggior parte dei casi non ne vale la pena. In un caso, però, ho commentato e discusso - in maniera più che civile, ve lo assicuro, e non ricordo nemmeno di preciso su quale argomento, credo su una dichiarazione controversa di Grillo che era stata peraltro riportata in maniera capziosa dalla stampa - e sono stata zittita in maniera piuttosto brusca dall'autrice.

E vabbeh, ci sta, il blog è tuo e puoi gestirlo come ti pare.
Però.
Però un paio di giorni fa è comparso un nuovo post su una sentenza della Cassazione su cui l'autrice non era d'accordo.
Casualmente, è una sentenza che mi interessa per faccende personali e dunque, essendo informata sulla situazione "dall'interno", ho ritenuto utile lasciare un commento - sempre civilissimo e pacatissimo, ve lo assicuro - esponendo il mio punto di vista.
Il mio commento non è stato pubblicato.

Siccome amo dare sempre il beneficio del dubbio, ho lasciato un secondo commento del tipo "forse il mio primo commento è andato perso, dicevo che..." Pure di questo non c'è traccia.

Ora, io capisco che, appunto, il blog è tuo e te lo gestisci tu e puoi decidere quali commenti pubblicare e quali no, ma che senso ha? Non è molto più logico - e divertente - pubblicare anche commenti in dissenso - purché civili, lo stra-ribadisco - e poi argomentare contro?

lunedì 20 ottobre 2014

O tempora, o mores (no, non è una disgiuntiva)

E' lunedì, e quindi vi beccate un post da anziana che si lamenta della corruzione della società moderna.
Questo post vi è offerto dall'intervista al Presidente del Consiglio andata in onda ieri pomeriggio, in piena fascia protetta, a Domenica Live. Sto seriamente meditando di chiedere il divorzio per giusta causa a mio marito che si è rifiutato di cambiare canale. Il masochismo può essere anche divertente, ma solo se preso con moderazione e nel giusto contesto.

Ecco appunto, il contesto. Partirei proprio da qui perché, secondo la mia modestissima opinione da tuttologa, la perdita del contesto è alla base di molta parte della deriva odierna. Esempio (tipico da vecchia lamentosa): avete notato come si vestono i ragazzi per andare a scuola?
Attenzione: con questo non voglio dire che si debbano stabilire rigidi (e bigotti) codici di abbigliamento; ai miei tempi feci una sacrosanta battaglia contro le divise scolastiche in nome della libertà di espressione e dell'autodeterminazione dei popoli, e non intendo affatto rinnegarla qui e ora. Voglio dire che, come mi spiegava mia madre quando ogni mattina ispezionava la mia mise, la scuola è il luogo di lavoro degli studenti e al lavoro non ci si va con l'ombelico scoperto o l'elastico della mutanda che spunta dai pantaloni. Non si tratta di pruderie, ma di questa virtù ormai dimenticata che si chiamava "senso della proprietà". Se ti vuoi vestire male e in modo assurdo, sei liberissimo di farlo: ma non sul luogo di lavoro, dove c'è gente che appunto dovrebbe lavorare e non può farlo se sta ribaltata sulla scrivania a ridere.
(Il fatto che oggidì ci sia gente che effettivamente va a lavorare con l'ombelico scoperto e/o l'elastico della mutanda in vista non fa che confermare la mia tesi.)

Potremmo poi anche discutere del fatto che chi tuona contro l'abbigliamento dei ragazzi di norma se la prende solo con le femmine, come se i maschi fossero invece tanti piccoli lord Brummel in completo da passeggio. I pinocchietti da spiaggia con cavallo ultrabasso vanno bene, le minigonne no: si chiama double standard, è una gran minchiata misogina e sessuofoba ma esula dal tema di questo post e di lunedì mattina non sono in grado di gestirlo. Ne riparleremo. Per il momento sappiate solo che io sono politically correct e quindi me la prendo con tutti.

Torniamo invece alla mancanza di contesto con un altro esempio tratto dalla vita vera (la mia). Per varie vicissitudini che esulano pure loro e quindi non vi sto a spiegare, mi trovai un triste giorno a correggere i compiti svolti da studenti universitari di Lettere e Filosofia per un esame del corso di Giornalismo.
Vi invito a ponderare bene la situazione, dopo di che potrete inorridire con me del fatto che in molti di questi capolavori si trovava scritto "ke" (in luogo di "che") e "xké" (in luogo di "perché", che ve lo dico a fare).

Superato il raccapriccio, segnai tutto con la matita più blu che riuscii a trovare.
Perché c'è modo e luogo di usare le abbreviazioni convenzionali (io le detesto, ma capisco che in determinate situazioni possano venire utili: checché se ne dica, non sono una talebana), ma questo luogo NON E' né può essere un compito scritto ufficiale in una Facoltà di Lettere.

Badate che si comincia così, e si finisce con Barbara D'Urso e Matteo Renzi che si danno del tu chiacchierando amabilmente tra di loro, mentre al volgo beota (noi) non resta che applaudire e ridere a comando.

giovedì 16 ottobre 2014

Attitudini

L'altro giorno, chiacchierando, il mio interlocutore sosteneva che ci sono cose per cui gli uomini sono più portati, e cose per cui invece sono più portate le donne.
Esempio: riparare un rubinetto o piantare un chiodo sarebbero attività prettamente maschili, laddove stirare o rifare il letto (qui è d'obbligo citare Zerocalcare, dato che a innescare la discussione è stata appunto l'inabilità congenita degli uomini al corretto infilaggio dei copripiumini) sarebbero attività femminili.

Io sono profondamente convinta del fatto che uomini e donne hanno sistemi di ragionamento differenti, il che induce spesso a misunderstanding ma non significa affatto che un sistema sia superiore all'altro; significa che, messi di fronte alla medesima situazione, uomini e donne tendono ad affrontarla con approcci diversi (che possono essere entrambi validi ed efficaci).

Sono anche convinta, aggiungerei di conseguenza, che non esistano attività spiccatamente maschili o femminili, ma piuttosto attività a cui uomini e donne sono diversamente educati; la società ci dice che per una donna è giusto cucinare e per un uomo fare piccoli lavoretti, e difatti alle bambine generalmente si regala il Dolceforno e ai bambini le cassette degli attrezzi giocattolo, con buona pace dei bambini che vorrebbero un Dolceforno sopra ogni cosa, e delle bambine che a Babbo Natale chiedono le automobiline radiocomandate (io).

In conclusione, a me pare che quando si tratta di abilità manuali non è il genere che conta, ma piuttosto l'allenamento; e che produrre una popolazione per metà incapace di stirarsi le camicie e per metà di cambiare una lampadina sia, alla fine, un danno per tutti. Voi che ne pensate?

mercoledì 15 ottobre 2014

Mia madre a questo punto direbbe che sta per arrivare un terremoto

Sono un fossile vivente, un relitto di un'era geologica del passato in cui esistevano le mezze stagioni e l'abbassarsi delle temperature andava di pari passo con l'accorciarsi delle giornate. Quindi il fatto che sia ancora buio quando mi sveglio, e 31° all'ombra, mi destabilizza: toccherà farci l'abitudine.

Ma tengo a precisare che quando mi sono alzata, stamattina, fuori non era semplicemente "buio"; pareva che ci fosse un'eclissi di cui si erano dimenticati di informarci. Solo dopo un po', dato appunto il buio pesto, ho capito che il tutto era dovuto a una cappa di nubi che stazionava uniforme sopra di noi, con buona pace delle previsioni del tempo che avevano assicurato sole splendente, e io avevo pure steso il bucato!

Mi sono lavata, truccata, vestita e preparata a uscire sempre brontolando e rimpiangendo la sorte dei miei poveri panni lasciati fuori tutta notte a impregnarsi di umidità. Ma appena messo un piede fuori di casa ho smesso di lamentarmi.

Perché faceva, perdonate la finezza dell'espressione ma non saprei come altro descriverlo, un cazzo di caldo.

Roba che ho istantaneamente iniziato a sudare. Roba che io, la Donna dai Piedi di Ghiaccio, pur essendo uscita con le scarpe aperte (una felice premonizione mi aveva spinto a recuperarle nonostante il cambio di stagione già fatto), non sentivo freddo.
Il 15 ottobre.
Ammetterete che, pur considerando il riscaldamento globale l'effetto serra e la rotazione dell'asse terrestre, ciò non è normale.

La cosa genera tra l'altro effetti comici involontari: per strada, infatti, circola gente in T-shirt e infradito (c'è chi va in spiaggia e fa il bagno) e altri che, avendo già fatto il summenzionato cambio di stagione, indossano calze e spolverini.

Avevo sempre preso in giro serie TV tipo Beverly Hills 20910, tra le altre cose perché i personaggi vestivano indiscriminatamente canottierine e maglionazzi. A questo punto devo ricredermi: la verità è che, ancora una volta, gli americani erano più avanti di noi.

martedì 14 ottobre 2014

Ambiente lavorativo

Fino a ieri, per una settimana, siamo stati accompagnati nella nostra giornata lavorativa dal piacevole sottofondo di una sega da potatore. E vabbé che di fronte all'ufficio c'è uno dei pochi giardini pubblici della città, ma una settimana ininterrotta di potatura credo che non si dia nemmeno a Central Park.

Oggi, comunque, la sega da potatore non si sente più. Oggi in sottofondo c'è un martello pneumatico.

mercoledì 8 ottobre 2014

Angelino

Prima fa estradare illegalmente una rifugiata politica e la sua bambina. E si fa pure sgamare.
Poi esulta per l'arresto di un "assassino" dimenticandosi di presunzione di innocenza, riservatezza delle indagini, segreto istruttorio e altri inutili consimili dettagli.
Adesso emana in tutta fretta una circolare per impedire la pericolosissima registrazione dei matrimoni gay contratti all'estero.
(Sempre della serie "Prestigio dell'Italia nel mondo", eh)

Posto che l'infermiera di Voghera che aveva impedito a due ragazze di farsi prescrivere la pillola del giorno dopo (sì, viviamo in un brutto Paese) è stata rimproverata dai suoi superiori e si è dimessa, la domanda sorge spontanea: perché Alfano sta ancora lì? Quali accordi sottobanco impediranno a Renzi di togliercelo dai piedi?

(Di fronte anche solo alla prima delle suddette figure di cacca, io personalmente avrei cercato per il futuro di muovermi nella maniera più incospicua possibile. Ma va detto che io personalmente conservo un certo senso di decenza, il rispetto di me stessa e la capacità di vergognarmi. Il che, evidentemente, non è da tutti.)

venerdì 3 ottobre 2014

Ma come ti vesti?

Noto con raccapriccio che in tema di abbigliamento (per tacer d'altro) la moda è tornata a fine anni '80 - inizi '90: maglie e camicie oversize, fuseau (ora li chiamano leggins, ma quelli sono) e scarpe basse con la mascherina.
Rabbrividiamo (cit.)
A parte l'orrore dell'insieme, a parte che mi riporta alla memoria un periodo della mia vita su cui preferirei sorvolare (avevo 16 anni e non aggiungo altro), ma adesso i fuseau proprio non me li potrei permettere.

giovedì 2 ottobre 2014

Tecnologia intelligente

Sto assistendo con interesse all'operazione di "aggiornamento firmware" del telefono, qui in ufficio.
Con tutti questi pulsanti che si accendono e spengono a turno, sembra la festa patronale.
Va avanti da almeno tre minuti e non accenna a smettere.
Dite che alla fine riuscirò ad usare di nuovo il telefono?