lunedì 28 febbraio 2011

Marco on air / 141

passaparola

Un cuor solo, un'anima sola...

L'amore mio sa che mi dà fastidio quando mi telefona in pausa pranzo, dato che la magnanimità dei miei datori di lavoro mi concede ben 30 minuti per ingozzarmi. Quindi quando oggi mi ha chiamato ho pensato che dovesse comunicarmi qualcosa di urgente.

Infatti.
- Amore, scusa se ti chiamo a quest'ora, ma volevo darti un aggiornamento...
- Non preoccuparti amore, dimmi! (Evviva! Di sicuro vuole dirmi che finalmente iniziano i lavori di ristrutturazione della nostra futura casetta!)
- Sai? Oggi pomeriggio devo andare a vedere quella casa-mausoleo-con-i-soffitti-affrescati-che-tu-detesti-ma-a-me-piace-tantissimo-e-che-vorrei-comprare-ma-non-posso-dirlo-perché-ti-inferociresti-visto-che-non-abbiamo-i-soldi-per-comprarla-anche-ammettendo-di-vendere-tutto-quello-che-abbiamo-compresa-la-casetta-che-pure-abbiamo-comprato-da-poco-passando-attraverso-immani-vicissitudini-e-che-tu-adori-e-non-vedi-l'ora-di-ristrutturare...
- Ah.

Colìn' ha vingiut' l'Oscàr

domenica 27 febbraio 2011

Jonathan

Stiamo tornando a casa (e io sono mezza addormentata, come sempre quando viaggio in auto, soprattutto dopo un lautissimo pranzo) quando l'amore mio mi fa: - E quello che razza di animale è?

E' un gabbiano. Con un'ala ferita, quasi certamente, perché non riesce a stenderla per prendere il volo e zampetta, in mezzo alla strada, con le ali spiegate, senza sapere dove andare.
L'amore mio accosta a lato della strada e lo tiene d'occhio dallo specchietto retrovisore mentre io chiamo soccorso. Dopo affannosa consultazione decidiamo che è meglio chiamare i Vigili del fuoco, ma loro mi dicono che non possono intervenire, e che chiameranno qualche Ente non meglio identificato.

Intanto il gabbiano continua ad andare da una parte all'altra della strada. Per fortuna è domenica e c'è ancora luce, quindi le poche macchine che passano riescono ad evitarlo. Ma l'amore mio è preoccupato.
- Se resta qui lo mettono sotto. Che dici, perdiamo una mezz'ora e cerchiamo di salvarlo?
Così ci rimettiamo in moto, e al primo svincolo invertiamo la rotta e torniamo indietro. Ci vuole una decina di minuti, ma per fortuna troviamo il gabbiano ancora vivo. L'amore mio piazza la macchina in uno slargo, poi scende e cerca di spingere il gabbiano verso una strada secondaria. Qui ci sono meno auto che possano investirlo; in compenso, ci sono due o tre cani randagi dall'aspetto poco raccomandabile.
Il gabbiano zampetta un po', poi riprova ad alzarsi in volo ma proprio non ce la fa. Intanto è il tramonto, e la luce comincia a calare. Alcune macchine passano, ma noi segnaliamo con i fari: vedono il gabbiano e lo evitano.

Dopo un po', ci guardiamo: non ci viene in mente nient'altro che possiamo fare. Il gabbiano continua a zampettare lungo la strada, ma ogni volta che l'amore mio cerca di avvicinarsi si impaurisce e scappa. Non siamo in grado di catturarlo e portarlo al sicuro.
Così non ci resta che tornare a casa. Speriamo che qualcuno, Protezione animali o chi per lei, sia riuscita a trovarlo e a metterlo in salvo.

lunedì 21 febbraio 2011

Lettura veloce

Immaginate di amare molto la lettura, e di ritrovarvi in casa tre libri nuovi, mai letti, di cui a stento conoscete l'argomento per quel poco che è svelato dalla quarta di copertina. Cosa fareste?
Ve lo chiedo, perché mi interessa il parere di persone normali. Io, che normale non sono, quando arrivo a impossessarmi di un libro nuovo vengo presa dal panico: devo, DEVO leggerlo SUBITO, senza por tempo in mezzo, senza perdermi in frivolaggini tipo far attenzione allo stile, o a come l'autore banalizza o non banalizza la trama. L'importante è arrivare il prima possibile all'ultima pagina per sapere come va a finire. ("E allora perché non vai subito a leggere l'ultima pagina?" A volte lo faccio. Non a caso odio i finali protratti.)

Perché faccio così? Beh, ci sarà sicuramente un motivo psicologico profondo. Se ne siete capaci, psicanalizzatemi pure. Io mi sono resa conto che, una volta finita la storia, posso tornare indietro e rileggermi il libro con calma, questa volta sì facendo caso allo stile e allo sviluppo della trama, commentando fra me e me "Ah, ecco perché prima aveva inserito questo dettaglio, che bella idea" (Safran Foer) oppure "OK, questa è definitivamente una immensa cagata" (Dan Brown), a seconda dei casi.

Devo conoscere la trama, in tutti i suoi dettagli, per riuscire a godermi la narrazione. Stessa cosa con i film: è raro che io mi metta a vedere un film senza essermi prima informata su quello che racconta (e meno male che c'è Wikipedia). Così non devo prestare attenzione alla vicenda, e posso concentrarmi sulla regia, sulla recitazione, sulla fotografia e chi più ne ha più ne metta. Chiaro che, se il libro alla prima lettura rapida è risultato 'na chiavica, lo abbandono al suo destino senza perderci altro tempo. (Per onestà intellettuale, devo dire che in effetti Il codice Da Vinci l'ho letto due volte, ma la prima in pratica avevo letto solo gli indovinelli, quindi diciamo che l'ho letto una volta e mezzo.)

Dei tre libri nuovi arrivati in casa mia venerdì, due li ho già finiti. (Voto: al primo 4 e mezzo e bocciatura implacabile, al secondo 6 e secondo appello - simpatico lo stile di scrittura, ma quando capisci chi è l'assassino e sei appena a un terzo del libro giallo, c'è qualcosa che non va.)
Voi "normali", invece, come fate?

Marco on air / 140

passaparola

giovedì 17 febbraio 2011

Antipodi

Da qualche giorno sto notando in giro varie fanciulle che indossano le ballerine senza calze. Cosa inconcepibile per me, nota freddolosa che smette le calze solo a maggio inoltrato; lo ammetto, la temperatura qui è decisamente mite, ma da questo a girare senza calze ce ne corre.

A ristabilire la media ci ha pensato la signora che ho incontrato sul bus ieri pomeriggio. Preciso che, nonostante il cielo grigio e la minaccia di pioggia, la temperatura era abbondantemente al di sopra dei 15 gradi; la signora, quindi, era equipaggiata con pelliccia di visone con cappuccio (orrore!) tirato su e allacciato stretto intorno al collo, e guanti imbottiti di camoscio. Praticamente un grizzly.

martedì 15 febbraio 2011

Giudizio immediato (olè)

Quanto mi fanno imbestialire quelli che sostengono (ultima poco fa la Gelmini) che incriminare il "premier" è un sovvertimento della sovranità popolare. A parte il fatto che nel nostro ordinamento non esiste il premierato, un assassino eletto ministro sempre assassino rimane, l'elezione non gli sbianca la fedina penale. Qua si sommano le mele con gli ananas e un sacco di gente (che guarda solo il TG1) ci casca.

(Questo è un post radical chic)

sabato 12 febbraio 2011

Mai che arrivi una bella invasione aliena, quando serve

Al netto di tutte le chiacchiere, i diversivi, le baggianate sparse, le cause intentate allo Stato e le manifestazioni abortite, le cose stanno così:
- mentre nella prima Repubblica i politici sistemavano amici, parenti e conoscenti a suon di appalti e consulenze, adesso li fanno eleggere direttamente nei Consigli comunali, provinciali, regionali e su su fino al Parlamento, o quando proprio va male li fanno assumere alla TV pubblica, così li paghiamo noi ufficialmente (prima li pagavamo ufficiosamente via tangenti);
- il livello di civiltà del Paese è sceso così in basso che le donne ritengono la prostituzione (ché di questo si tratta) una più che valida alternativa al lavoro, anzi una strada da "furbi" che fa guadagnare bei soldi, roba che quei poveri fessi che studiano e faticano se la sognano;
- i poveri fessi non si indignano di questi comportamenti, anzi invidiano i "furbi" che sono arrivati e sospirano: "magari fosse toccato a me...";
- "così fan tutti" è il principio prima che giustifica e legalizza ogni comportamento;
- un reato non va più considerato tale se commesso entro le mura di casa propria, e chi cerca di perseguire quel reato è un criminale eversore violatore della privacy altrui.

Altro che rivoluzione, qua dovrebbero proprio raderci al suolo.

venerdì 11 febbraio 2011

Chirurgia (non leggete se siete deboli di stomaco)

Ieri sono andata a togliermi una cisti sebacea che avevo sul collo, e si era gonfiata e infettata.
Le cisti sebacee, per chi non lo sapesse, sono una specie di enorme brufolone che si forma sotto pelle; un accumulo di grasso cutaneo (sebo), per dirla con parole più consone, incapsulato in una "camicia", che solitamente sta lì nel suo senza dare fastidio più di tanto, giusto sul piano estetico perché forma un rigonfiamento visibile.

Il problema è che questo accumulo di grasso si può infettare, e allora "la parte" (sempre per usare la terminologia medica) si gonfia e comincia a dolere. La mia cisti era diventata un bubbone tipo quello di don Rodrigo quando scopre di avere la peste.
A quel punto i casi sono due: o la cisti si riassorbe da sé, pian piano, oppure comincia a spurgare, ossia si rompe in superficie e va spremuta, proprio come un brufolone, per eliminare tutto il pus. In entrambi i casi la cisti si sgonfia, ma resta lì e con lei resta anche il rischio di una nuova infezione.

L'unico rimedio è togliere chirurgicamente la "camicia", cosa che per l'appunto ho fatto ieri. Niente di che, le cisti sebacee sono di famiglia: anni fa me ne ero già tolta un'altra dall'angolo dell'occhio. Ero curiosa di vedere come sono fatte, ma allora il chirurgo l'aveva subito buttata via, con mio grande disappunto. Stavolta, invece, ho chiesto subito di farmela vedere (e mentre lo chiedevo pensavo: certo che sono proprio strana, tutti quei telefilm sui medici hanno lasciato il segno). 

Mi aspettavo una specie di pallottola biancastra o giallognola, invece tutto quello che ho visto è stato una specie di palloncino sgonfio e (ovviamente) sporco di sangue, molto più piccolo di quanto mi aspettassi (anche perché aveva già spurgato prima dell'intervento). Però adesso so com'è fatta una cisti sebacea e, che ci crediate o no, mi sento molto soddisfatta.

(Ho anche un cerottone sul collo e mi tocca spendere miliardi in antibiotici, il che è molto meno di soddisfazione.)

martedì 8 febbraio 2011

Velleità letterarie

Via Facebook mi è arrivato l'annuncio di un concorso letterario. L'idea mi stuzzica, ma sono penosamente consapevole della mia incapacità di scrittura. Lo so: scrivo su questo blog da anni (e c'è pure chi mi legge!), e appunto per questo mi dico che scrivere un romanzo o anche "solo" un racconto è fuori dalla mia portata. L'educazione universitaria ha colpito, e colpito basso: non riesco a far uscire la mia voce, scivolo immediatamente in una scrittura impostata, artefatta, accademica (appunto), come un cattivo attore che non ha altre risorse se non una dizione perfetta. Gli aggettivi vengono sempre fuori tre alla volta, per dare "climax" e "ritmo" alla frase; gli avverbi si sprecano; i periodi si allungano a spirale, una subordinata dietro l'altra. In poche parole, una noia mortale.

Questo quanto a forma, perché il contenuto è un capitolo a parte. Ho sempre amato leggere e leggo da quando avevo quattro anni. Ma sono penosamente priva di fantasia e quando provo a scrivere qualcosa (perché ho già provato, a più riprese, gettando ogni volta la spugna) mi ritrovo a copiare soggetti, situazioni e perfino gli stili dei miei autori preferiti. Di mio, niente.

Se è vero che rem tene, verba sequentur, allora forse davvero il problema è tutto qui: non ho una storia da raccontare, una storia "seria", intendo, che si regga da sé, e quindi non riesco a raccontarla. Eppure ho la sensazione che, pure avendocela, non riuscirei comunque a raccontarla senza avvitarmi in psicologismi e soliloqui pseudo-letterari. Certi dicono che scrivere è in buona parte una questione di allenamento. Sarà anche quello, non dico di no, ma anche allenandomi peggio che per la maratona di Boston penso che non mi verrebbe nemmeno un'unghia di tutte le idee che Stephen King (per dire) partorisce mentre sta in fila alla coda del supermercato.


giovedì 3 febbraio 2011

Sintomi

Quanto saranno esauriti due che alle 22.30 passate, già in pigiama & pantofole & pronti per andare a dormire, decidono d'emblée di mettersi a smontare mobili e impacchettarli in vista di un prossimo trasloco?
(Si prega cortesemente di NON rispondere alla domanda!)

mercoledì 2 febbraio 2011

Bisanzio, Italia

Quello che ucciderà prossimamente l'Italia non è la malapolitica (che pure ci mette del suo): è la burocrazia bizantina ed elefantiaca, che dalla Pubblica Amministrazione ha contagiato ormai anche la Privata Impresa.

Uno dei miei film preferiti è Apollo 13. La vicenda è nota (vi linko Wikipedia, servisse un ripassino): gli astronauti sono in difficoltà, e da terra (anzi, da Terra) devono inventare un modo per arrangiarsi e farli tornare indietro, possibilmente vivi. Bene, una volta accroccato l'accroccabile, da Houston contattano gli astronauti e non dicono "Vi spieghiamo cosa dovete fare": no, dicono "Abbiamo una nuova procedura per voi".

Il fatto è che gli americani vivono di procedure; qualcuno, se non ricordo male (ciao, zio), ha detto che non riescono nemmeno ad andare in bagno senza la procedura apposita. Però le procedure sono intese nel senso letterale del termine, sono qualcosa che ti spiega passo passo cosa devi fare, sono (almeno nella stragrande maggioranza dei casi) qualcosa di pratico e pragmatico che ti aiuta, non che ti intralcia.
In Italia, invece, quando qualcuno si appella alla "procedura", tanto vale buttarsi a mare. Dovevo restituire un modem noleggiato; semplicemente restituirlo, senza fare reclami, senza chiedere rimborsi: riportarlo al negozio e lasciarlo lì, e grazie tante.

C'è voluta una vita e 3/4, più copia del mio documento d'identità, più copia della raccomandata che avevo già mandato al gestore di telefonia per disdire la linea (che era già stata disdetta, con numero di telefono già riassegnato a terzi, il che ha comportato il ricorso a una seconda e diversa procedura), più un paio di codici fiscali, più bestemmie assortite, del malcapitato operatore e mie.

martedì 1 febbraio 2011

Corsi e ricorsi

E' una bella cosa quando le esperienze passate, che avevi archiviato credendo che non ti sarebbero mai servite, riemergono e si rivelano utili per quello che stai facendo adesso. Se non avessi mai fatto l'archeologa, e non avessi mai scritto per una rivista scientifica, non avrei saputo da dove cominciare per organizzare una redazione. Invece so finanche cosa significa "Call for Papers" :D